Partenza all’alba. Notte. Sonno, stanchezza arretrata.
Freddo no, anzi. Quest’anno il clima più mite ci permette anche di passare la notte prima del pellegrinaggio in rifugio senza il freddo e l’umidità degli scorsi anni.
Si parte. Don Erik ci legge il Vangelo dei discepoli di Emmaus e ci richiama al tema di questa nuova stagione: uno sguardo che incontra la speranza. Ci è chiesto di partire in silenzio. Siamo molti quest’anno. almeno una settantina che decidono di prendere sul serio la salita in notturna che ci lega con la notte dei Santuari – iniziativa pastorale che unisce i santuari d’Italia in una lunga notte fatta di preghiera, silenzio, adorazione. Ci siamo anche noi. E partiamo in silenzio distratti da alcune luci frontali forse troppo forti ma che alla fine sostengono la salita. Una salita accompagnata sul serio. Quel “noi speravamo” che inizia il dialogo tra il Misterioso Viandante e i due discepoli sfatti e stremati, delusi e anche un po’ arrabbiati, è quanto ha abitato la mia salita al buio.
Mi cammina accanto un giovane che non conosco, alcuni son partiti in quarta e salgono spediti. Io mi accompagno a quel ragazzo che più o meno avrà qualche anno più di me ma che riflette e percorre la strada con passo costante. Penso: “e se fosse Gesù”? mi sta ascoltando? Eppure, non parlo, mi sforzo di non farlo, voglio salire pregando il Rosario perché mi fa bene scorrendo le Ave Maria, provare a vedere e a far affiorare i miei “speravo”. E vengono a galla, lentamente. Senza troppa fatica: speravo in qualche grazie in più. Speravo in una maggior comprensione. Speravo che essere più capito, di non star male quando i risultati non son quelli che vorrei, speravo che quell’amicizia si trasformasse di qualcosa in più. Speravo che a casa si trovasse una soluzione diversa, speravo nell’esito di quell’esame… e mentre cammino, tra un mistero e l’altro, vedo che “misteriosamente” il mio cuore trova un po’ di pace. Si arriva al Baraccone. È ancora buio, son solo le cinque meno dieci. Il cielo è un po’ più scuro di quando siamo partiti e alcune gocce vogliono spaventarci un pochino. Una chitarra inizia un canto.
La strofa dice: “veniamo da Te, chiamati per nome, che festa Signore tu cammini con noi. Ci parli di te…”; anche per don Erik quello strumento inaspettato diventa fonte di unità. Scandirà i misteri del Rosario dai Ciaperet in avanti. E poi animerà con belle voci la Messa all’aperto. Anche questo è un dono verso il santuario. Tu cammini con noi. Dopo un po’ attesa e di silenzio per attendere che il gruppo si compattasse, recitiamo tre Ave Maria, per ripartire.
Secondo momento: dopo aver fatto affiorare le domande, è tempo di consegnarle a Gesù che “cammina con noi”. E allora riprendendo il passo, riprendo anche le domande e gli “speravamo” di prima per consegnarle a Lui. In poco tempo arriviamo al pianoro dove sorge il Pilone “voto di Guerra 1917” e di lì iniziamo il Rosario insieme che ci accompagna fino all’ultima scorciatoia, che non prendiamo proseguendo sull’asfalto. Sant’Anna si fa vedere dall’alto, il muraglione che la sostiene la fa apparire stabile punto di riferimento, “fortezza inaccessibile” come dice una delle Litanie alla Madonna. È così. Lo so e ne ho già fatto esperienza più volte. Quando tutto traballa e i passi sono stanchi, sant’Anna interviene.
Ti fa guardare “verso l’Alto”, come diceva spesso Frassati, quel giovane di Torino di cui abbiamo sentito parlare in oratorio. Verso l’Alto. Quell’alto diventa più vicino, ultime curve. Quell’alto diventa “altro”. Una presenza che vincendo il silenzio di prima, molto rispettoso del mio “andar su con i miei pesi e le mie domande”, inizia a raccontarsi. E scopro misteriosamente che quel ragazzo che ha continuato a camminarmi accanto vive come me fatiche e delusioni, speranze che rischiano di seccare e di rimanere ferme e immobili. Prima l’ho sentito vicino come Gesù per i due di Emmaus. E mi ha fatto del bene il suo camminarmi accanto. Adesso mi accorgo che posso essere io il Suo Gesù, mi è chiesto di ascoltarlo, semplicemente e di fargli compagnia, fin davanti alla Chiesa. Sono le sette meno dieci e iniziamo le Lodi. Quelle campane che suonano mi fanno aprire gli occhi e mi accorgo di aver riconosciuto il Suo sguardo, attraverso chi, in maniere misteriosa mi ha camminato accanto. Quel suono mi pare sussurri “non ti ardeva forse il cuore salendo, mentre io il Signore, ti ho camminato accanto?”.
Un giovane partecipante alla salita

